Le piccole vanità vanno in passerella, con i ciuffi fulvi della razza. Ma lì, intorno a quel palcoscenico di legno che taglia la foresta pluviale a nord di Sandakan, si scatenano anche minuscole paure. Almeno finchè a esibirsi in assoluta libertà sono i piccoli oranghi, baby scimmioni dall’aria un pò arcigna ma con lo spirito giocoso che nel Rehabilitation Centre di Sepilok, Borneo malese, imparano pian piano a tornare nella foresta. Quello è il loro ambiente e qui sono soltanto di passaggio, dopo che una sfortunata serie di coincidenze ha fatto loro smarrire i sentieri e il piacere del vivere selvaggio.
GIUNGLA Tradotto dal malese il loro nome significa <uomini della giungla> e lì stavano finchè qualche bracconiere non li ha catturati o ha fatto prigionieri i loro genitori oppure è stato il fuoco di chi vuole bruciare la foresta per trasformarla in piantagione a costringerli a fuggire. I sentieri della sofferenza sono infiniti anche per il pianeta animale e qui al Sepilok si cerca di porre riparo alla crudeltà contro gli orangutan. Anche a quella travestita da affettuosa bonomia. Perché il Borneo malese custodisce un segreto che sa di vergognosa malattia.
ADOZIONE La polizia di Sandakan ha più volte scoperto traffici di oranghi destinati un po’ in tutto l’Oriente, per ragioni diverse, da orribili superstizioni alimentari fino allo scriteriato uso della pelliccia. Ma si è pure scoperto che Taiwan, alcune coppie che non riuscivano ad avere figli provarono ad <adottare>, peraltro pagandoli carissimi, fino a 15 mila dollari, piccoli animali che allevarono come figli, vestendoli perfino di tutto punto, come avrebbero fatto con dei bambini. Traffico scoperto e interrotto. Invece l’adozione a distanza dei piccoli oranghi è non solo legale e possibile ma va anche incoraggiata: pagando una quota minima di circa 35 euro si contribuisce a rieducare l’animale mentre in cambio si ricevono informazioni, fotografie e continui aggiornamenti sui progressi. Per saperne di più basta andare sul sito www.orangutan-appeal.org.uk
ALLO SPECCHIO Una piccola buona azione, per contribuire a non impoverire il nostro mondo e difendere la biodiversità. Pesando anche noi bipedi dotati di parola. Perché quello che dell’orango affascina, come accade per il gorilla, è la sua straordinaria parentela con l’uomo. E’ il più grosso animale che riesce a vivere sugli alberi, ha braccia lunghissime, ben oltre i due metri, e quando cammina le dita sfiorano le caviglie. Ha occhi smisuratamente grandi e vispi, la faccia con enormi labbra e il naso schiacciato. Anche prendersi cura di loro, però, può essere un rischio. Perché perfino nel Rehabilitation Centre, dove ogni cosa è controllata, misurata, prudentemente provata, il contatto con gli uomini visitatori, se ne contano fin quasi mille al giorno, può essere dannoso. Ai nostri cuginetti che qui vengono rieducati alla vita selvaggia rischiamo di trasmettere malattie per loro fatali, e alcuni casi di contagio che sono stati registrati hanno portato ad un aumento della prudenza. Avvicinarli è comunque entusiasmante. In fondo, quasi come guardarsi allo specchio.