Il Negev, il nulla oltre il nulla. Montagne desolate, canyon, crateri, dune sabbiose, pareti di roccia a strapiombo. Un fascino unico. Certo, ci sono anche città, come Be’er Sheva, la capitale, ci sono accampamenti della tradizione beduina, ma non è per questo che si viene fin qui. Qui c’è un senso di vuoto infinito che sa riempire ogni anima, un’atmosfera di coraggiosa solitudine, una natura matrigna e non amica che serve a rinsaldare la fiducia in se stessi, a scoprire il valore della sfida. E ad avvolgere tutto di un irresistibile fascino.
Un tempo il Negev era il cuore dell’Impero Nabateo, un popolo di commercianti dell’Arabia antica e di qui passavano le carovane di spezie e incenso. Oggi qui hanno scelto di vivere persone coraggiose, invogliate da alcune facilitazioni anche di carattere economico. Molti sono ebrei ortodossi, incuranti delle comodità del mondo: famiglia e semplicità sono i loro comandamenti. Lo disse Ben Gurion, il primo presidente del consiglio di Israele: <Trovate l’acqua e fatene un paradiso>. Voleva convincere gli israeliani a trasferirsi qui: non è stato esattamente un successo.
A Mitzpe Ramon vivono 5 mila persone. Il nome della cittadina significa “Torre di Guardia”, e non c’è definizione più azzeccata per questo minuscolo agglomerato urbano aggrappato al bordo del cratere Maktesh Ramon, il più grande al mondo, lungo 40 chilometri largo 10 profondo 500 metri.
A Mitzpe c’è anche una piccola comunità di artisti, che in alcuni punti della città lascia a volte anche qualche sua testimonianza.
Volendo, i visitatori hanno molto da fare in questa desolata porzione di mondo: si sperimenta la mountain bike, si va in sella ai cammelli, ci si arrampica. Ma è la contemplazione la migliore attività che ci sentiamo di suggerire, lasciare la mente volare libera di fronte alla maestosità che si ha davanti. L’alba e il tramonto sono sempre i momenti più adatti, quando con maggiore facilità si riesce a meditare, ispirati dalla luce e dal silenzio. Un posto fantastico.