Ci sono viaggi straordinari che si fanno spostandosi di pochi chilometri. O anche restando in casa, magari sfogliando un libro. Seguendo la rotta tracciata da Steve McCurry, straordinario investigatore di sguardi, volti, anime, testimone di un presente che in poco tempo è diventato già passato, e di un mondo che sta fuggendo via, cancellando tradizioni e culture. O anche semplici vite umane, con orrori che sono colpa dell’uomo o mostruosi capricci della natura.
“Oltre lo sguardo”, la mostra di McCurry a Cinecittà, nel tempio romano del cinema, è un piccolo capolavoro. Allestimento fantastico, emozionante, audioguida che sottolinea alcune delle foto più significative, video in cui questo fotografo racconta le sue esperienze, suggerisce e consiglia con la semplicità del vicino di casa diventato amico. E’ lui, per chi non lo ricordasse, ad aver fotografo la ragazza afghana con gli occhi verdi pubblicata nel 1985 sulla copertina del National Geographic e diventata il simbolo di quel paese e dei suoi tormenti.
La mostra è un appuntamento da non perdere, che fino al 30 settembre resterà a Roma e poi emigrerà verso altre città. Ci sono volti – “amo i ritratti” spiega McCurry – luoghi, attimi, c’è quel sudest del mondo, e soprattutto il sudest asiatico che me lo fa sentire così vicino, c’è l’India dove è tornato quasi cento volte, ci sono le ansie della Birmania, le speranze della Cambogia, il Vietnam la Thailandia, le tragedie dell’Afghanistan, l’Africa. Una sola foto del Perù, con un bambino in lacrime che impugna una pistola, e una soltanto anche del Brasile, uno splendido corpo di donna in penombra che cammina in mezzo a una rotaia verso i grattacieli della città. Un voto di fiducia verso il domani.
Mc Curry è un poeta e ci consegna da grande artista le immagini di un mondo che sta scomparendo. Le affida alla nostra memoria, come un istante di eternità, perché quel che è stato, e già non è più, rimanga almeno nei nostri ricordi. Oltre che nei nostri sogni.