Il tramonto regala tenui bagliori che aprono il cuore alla speranza. Quella di vedere la <luce di Buddha>, un arcobaleno di cerchi concentrici, un’aureola che la natura ha regalato a questo monte sacro per chi prega con la mente rivolta a Buddha. Supera i 3 mila metri la vetta del monte Emei, una riserva di spiritualità e meraviglie della natura, che la fede fa superare, con 2.600 metri di dislivello, in qualche ora o in un paio di giorni, a seconda della salute e dell’età di chi si avventura su questi sentieri del Sichuan, il cuore della Cina.
Basta guardare quella tavolozza di tinte pastello per assicurarsi, così si crede, un futuro ricco di fortuna e, soprattutto, privo di affanni. E’ per questo che la montagna è diventata meta di pellegrinaggi, di arrampicate che, a volte, si concludono in modo tragico. La <luce di Buddha> può anche abbagliare. I monaci che popolano i templi lungo questa via crucis buddista ricordano con dolore decine di fedeli che hanno faticato per salire fino in cima, si sono beati di quella visione mistica e poi si sono consegnati allo spirito delle vette, felici di essere stati scelti per il privilegio della visione. Sono saltati nel vuoto, con il cuore pieno di gioia e il nulla sotto i piedi.
<Incantevoli montagne sono numerose nel Sichuan, Emei eccelle tra tutte>, scriveva nell’epoca Tang, il poeta Li Bai, considerato allora <sommo>. Quella fu una dinastia capace di riconoscere alla fede, qualunque tipo di fede, una grande importanza: costruirono templi per ogni religione, dalla islamica alla nestoriana alla zoroastriana. Fu un’epoca di grande ricchezza spirituale, lo stesso periodo, tra l’inizio del VII secolo e la fine del IX, in cui in Italia finiva la dominazione longobarda e arrivavano Franchi e Carolingi mentre Carlo Martello sconfiggeva gli Arabi a Poitiers e salvava l’Europa. Il poeta Li Bai contribuì molto alla celebrazione del monte Emei, una delle quattro montagne sacre del Buddhismo in Cina, dove erano stati costruiti settanta templi e molte statue di Buddha erano state erette, con una propensione al <gigantismo> che stupisce ancora oggi.
C’è una straordinaria collezione di monumenti enormi in questo luogo dove tutti i monaci buddisti della Cina devono recarsi almeno una volta nella vita. Nella prima pagoda c’è un grande Buddha sorridente, con un’enorme pancia. E’ il Buddha del Futuro, Maitreva, che assorbe e scioglie nel suo capace ventre tutti i problemi e i mali del mondo: e per questo ride. A mille metri di altezza c’è un altro tempio, <Il monastero dei 10 mila anni> dove molti fedeli si fermano a pregare, a meditare, o semplicemente a riposare: fra molte costruzioni in legno, ce n’è una in pietra. E’ un elefante bianco, con le grandi zampe poggiate su fiori di loto, e sul dorso un uomo dall’espressione serena, seduto su un altro fiore di loto e con una corona in testa. E’ Samantabhadra, il Bodhisatva Puxian che secondo i fedeli predicò sul monte Emei: tutto intorno, ci sono 304 statuette di Buddha. La costruzione risale al 908 dopo Cristo.
Ma ci sono padiglioni e tempietti ovunque lungo questo sentiero che sale verso la vetta per decine di chilometri, con aspri gradoni di pietra.<Il Tempio della Tigre Dorata>, costruito nel VI secolo a 800 metri di altezza, su una collina a forma di tigre accovacciata. <Il Tempio del Tuono>, dove secondo la leggenda, si può confondere il rumore del fluire di un rigagnolo con un rombo di tuono. E’ situato a 900 metri di quota, di fronte a una collina a forma di pagoda e la notte può sembrare una lanterna appesa. E ancora, <il Tempio del Terreno ad Alta Quota>, splendido punto di osservazione del panorama, <il Tempio per il Servizio del Paese> con quattro palazzi, uno più alto dell’altro, in uno stile semplice e disadorno ma con 4.700 raffigurazioni del Buddha, <Il tempio < dal tetto d’Oro>, sul quale spicca l’iscrizione in enormi caratteri d’oro, <Incomparabile Bellezza>.
Ed è davvero un luogo di <incomparabile bellezza>, dove la fila di pellegrini si snoda fra bancarelle di erbe e piante medicinali, molte delle quali crescono proprio sulla montagna. Ce ne sono 5 mila specie, 30 tipi diverse di azalee, 10 tipi di gelsomini invernali, c’è perfino la felce arborescente spinosa, una pianta paleozoica, che cresce sull’Emei da 180 milioni di anni. E poi l’albero delle colombe, che non ha una chiara distinzione tra foglie e fiori, e si chiama così perché in primavera e in estate si copre di centinaia di batuffoli bianchi che fanno pensare a stormi di colombe. E poi ci sono 2300 specie animali, fra le quali il panda, l’antilope indiana, la scimmia del Sichuan, 268 specie di uccelli e 280 di insetti.
Anche la natura ha fatto le cose in grande. E chi ha scelto di vivere e pregare qui, ha voluto imitare questa maestosità. A Leshan, sulla riva del fiume Minjiang, 30 chilometri dal monte Emei, c’è il Grande Buddha scolpito nella roccia dell’epoca Tang: è alto 71 metri e protegge i viaggiatori dalle piene del fiume e gli abitanti dalle inondazioni. Questo <gigante buono>, seduto su un trono di roccia con le mani poggiate sulle ginocchia, osserva il lento e impetuoso fluire delle acque: poco più in basso scorrono tre fiumi, Minjiang, Dadu e Qingyi, che proprio lì vicino hanno il loro punto di confluenza, dove le correnti si incontrano e si scontrano. E’ sempre stato impegnativo, per le barche, superare senza danni quel tratto. Tutto è grande e forte nel Sichuan cantato da Li Bai: la natura, le correnti, la fede. E la protezione di Buddha, enorme come le statue che lo rappresentano. E i cerchi di luce che illuminano i tramonti e le speranze di vita di chi affronta il sentiero dell’Emei, la montagna sacra del Sichuan.